No a Immuni, si a FaceApp: le due facce della stessa privacy
Di Alessandro Alongi
Torna sulla cresta dell’onda (e fa nuovamente parlare di se) FaceApp, l’applicazione capace di trasformare, con un semplice tocco, ogni viso in una persona diversa.
Appena un anno fa FaceApp spopolava sui social grazie alla possibilità di invecchiare la propria immagine: bastava caricare una foto per rivederla, dopo qualche secondo, stagionata di quarant’anni. All’inizio fu un vero e proprio boom di download, e in pochi giorni non si contavano più le immagini di arzilli vecchietti che popolavano il web.
Adesso è il turno del cambio sesso: grazie al nuovo filtro governato dall’Intelligenza artificiale, una volta caricata l’immagine del volto, FaceApp trasforma maschi in femmine e viceversa. Insomma, la sorella o il fratello che non abbiamo mai avuto viene alla luce sui nostri telefonini.
Impossibile resistere al divertimento del risultato finale, difficile non condividere le nuove sembianze sui social. E per la privacy? C’è tempo. Nessuno, infatti, sembra chiedersi che fine fanno le immagini una volta caricate sulla piattaforma.
FaceApp, debuttata nel 2017, si è affermata come campione di download solo nell’ultimo anno. Ad oggi più di 100 milioni di persone nel mondo hanno già scaricato il software (complice la sua totale gratuità). Cifre da capogiro, tanto da richiamare l’attenzione dell’FBI, concentrata sulla società produttrice dell’applicazione, la russa Wireless Lab, e sulla gestione dei dati dagli utenti oltre la cortina di ferro.
In realtà il produttore ha rassicurato tutti, specificando che le immagini non vengono condivise con terze parti e men che meno trasferite in Russia. Inoltre, le stesse vengono cancellate entro 48 ore dall’uso.
Il fenomeno FaceApp ha avuto, comunque, un indubbio merito, ovvero quello di stanare la percezione degli italiani sull’uso dei propri dati online; sono infatti ancora all’ordine del giorno le molteplici discussioni, dubbi e polemiche su Immuni, l’applicazione anti-pandemia utile a sapere se si è stati a contatto con un soggetto poi risultato positivo al Coronavirus. Ad oggi, infatti, gli italiani non si fidano dell’applicazione ministeriale. Solo 3 milioni e mezzo di connazionali hanno fatto il download, a fronte dei 23 milioni che – secondo studi autorevoli – si erano detti disposti a scaricarla, chiaro segnale di sfiducia nei confronti di tale tipo di tecnologia, forse percepita come troppo invasiva della propria intimità.
Non si può dire la stessa cosa di FaceApp che, in questi giorni, ha surclassato per numero di download proprio Immuni nei play store del Belpaese. A leggere asetticamente i numeri, quindi, gli italiani sarebbero più inclini a cambiare sesso (seppur digitalmente), disinteressandosi nel contempo alle modalità d’uso dei propri dati, piuttosto che a salvaguardare la propria salute, atteggiandosi comunque a strenui difensori di una – non meglio precisata – privacy.