Le auto automatiche sfidano etica e buon senso
L’arrivo dei nuovi mezzi fa sorgere mille dubbi e perplessità sulle capacità delle futuristiche auto
Dopo le auto ibride e quelle elettriche è il momento di entrare pienamente nel futuro della smart mobility con le auto connesse direttamente al manto stradale, da cui riceveranno le necessarie informazioni per marciare in sicurezza. Città più sostenibili e addio, dunque, a multe per transito con il rosso (l’auto si fermerà prima), ingorghi (i sensori indicheranno la migliore strada da percorrere) o incidenti agli incroci (la macchina, grazie ai dispositivo di controllo, segnalerà in anticipo la presenza e la velocità di altri veicoli). La rivoluzione della mobilità stradale parte da San Diego dove, tra qualche giorno, partiranno i primi test “su strada” delle nuove auto connesse.
Il progetto americano avrà come obiettivo principale quello di testare la funzionalità della nuova tecnologia C-V2X, un software impiantato direttamente all’interno dell’infrastruttura stradale e collegata ai semafori e ai dispositivi di monitoraggio del traffico. In tal modo la carreggiata e l’auto dialogheranno e, mentre il guidatore potrà permettersi qualche distensione in più, il veicolo lo condurrà a destinazione nel pieno rispetto del codice della strada. O almeno così dovrebbe essere.
Gli interrogativi circa le automobili automatiche
L’auto connessa rappresenta il passaggio propedeutico per la vera rivoluzione in arrivo tra qualche anno, ovvero l’auto a guida autonoma. Se l’esperimento di San Diego avrà successo, nessuno più potrà più arrestare la rivoluzione dei veicoli che si guideranno da soli. Mentre dunque sembra inarrestabile il processo di automazione delle automobili, rimane ancora sottotraccia il dibattito su taluni profili etici, assenti in questa prima fase del dibattito.
Le auto connesse e quelle a guida autonoma, accanto ad innegabili vantaggi, portano con sé molte perplessità, al momento sottaciute. L’Intelligenza artificiale che governerà la plancia di guida sarà chiamata ad effettuare delle scelte, ad esempio, in prossimità di un incidente: salvare la vita del passeggero o quella dei passanti che attraversano la strada? O magari distinguere se chi attraversa la carreggiata è un bambino – forse salvandolo in previsione di una vita tutta da vivere – o un anziano, investendolo, in virtù di un’esistenza ampiamente già campata? O come programmare l’algoritmo in previsione di una donna in gravidanza che attraversa fuori le strisce? Ma soprattutto, il legislatore, deve imporre regole alla progettazione del software delle auto imponendo, in tal modo, un modello etico di Stato? E se si, con quali priorità rispetto alla vita e alla morte?
Etica, responsabilità e tecnologia non sembrano essere concetti slegati tra loro. Nel gestire la trasformazione digitale è opportuno continuare a perseguire un metodo basato sui valori fondamentali quali la tutela della dignità della persona, alla sua riservatezza, la lotta all’esclusione sociale e la discriminazione, così da prevenire la corsa al ribasso autodistruttiva, e non soltanto in senso metaforico.
Di Alessandro Alongi