Fondi Europei: per l’Italia un quadro desolante
Secondo la relazione annuale della Corte dei Conti Europea, l’Italia risulta essere penultima per la spesa dei Fondi Europei
Dai dati che emergono dall’ultima relazione annuale della Corte dei Conti Europea, non ci sono buone nuove per l’Italia. Il Bel Paese purtroppo si colloca ancora agli ultimi posti per quanto riguarda l’assorbimento dei Fondi Europei. E questo concerne tutti i fondi strutturali, dal Fondo sociale a quello di sviluppo regionale.
Le percentuali poi non sono di certo incoraggianti. Il nostro Paese, nello scorso anno, ha speso infatti solo il 30,7% dei fondi di cui aveva diritto. Questo di fronte ad una media europea del 40%. Per non parlare poi dei risultati ottenuti dalle nazioni più virtuose. La Finlandia sfiora l’80% dei fondi disponibili, seguita a poca distanza da Irlanda, Lussemburgo e Austria.
Puntuale arriva allora l’amara considerazione di Elio Tomassetti, giurista e Consigliere del Municipio XII della Capitale, il quale si esprime nel seguente modo. “Ieri, leggendo la relazione annuale della Corte dei Conti UE, sono rimasto sconcertato: anche nel 2019 l’Italia è penultima tra le nazioni per spesa dei Fondi europei. Spendiamo solo il 30% di quanto ci viene dato! Siamo un cosiddetto ‘contribuente comunitario netto’, perché diamo all’UE molto più di quello che prendiamo. Cosa ancora più grave: i fondi che noi non sfruttiamo, tornano alla UE e vengono poi distribuiti tra i Paesi più virtuosi (ad esempio Finlandia e Irlanda)”.
“Le cause di questo triste scenario sono tante, ma vanno cercate soprattutto tra la burocrazia e la mancanza di volontà della classe dirigente di investire sulla formazione dei dipendenti pubblici. Molto possono e dovranno fare Comuni e Municipi, partendo proprio dalla formazione del personale e da una attenzione politica maggiore verso la progettazione comunitaria. Ci vuole aria nuova anche a Roma su questo tema, e il 2021 deve essere l’anno di svolta”. Così conclude il suo intervento Elio Tomassetti.
Ci auguriamo vivamente che le sue parole, assieme a quelle di tante altre voci autorevoli che si pronunciano in tal senso, non vadano perse nel vento.