DaD: LA DIDATTICA AL TEMPO DELL’EMERGENZA
Quattro momenti per conoscere e riflettere sulla didattica a distanza. Iniziamo con un approfondimento sulle sue origini.
Nell’era del Coronavirus la scuola viene messa a dura prova: deve fare i conti con diversi fattori quali le competenze acquisite, le abilità in fatto di resilienza, il livello di digitalizzazione realizzato.
Nei primi periodi della pandemia, in Italia, la didattica diviene esclusivamente a distanza ed il termine DaD diventa per tutti di uso comune.
Inizia una corsa a connessioni il più performanti possibile, all’acquisto di device ed apparecchiature ad essi collegate, alla sperimentazione di piattaforme che svolgano nel modo più intuitivo possibile la loro funzione, ma soprattutto a divulgare una cultura digitale tra insegnanti, famiglie e gli stessi studenti, ad una velocità che certamente non era stata preventivata.
Eppure, la formazione a distanza è qualcosa che esiste già da molti decenni nel campo dello studio e della ricerca e che si è evoluta attraverso un percorso parallelo a quello delle tecnologie di comunicazione, partendo dai corsi spediti per posta in forma cartacea per poi passare ai contenuti televisivi (videocassette VHS e DVD) fino ad arrivare all’attuale rete internet.
A tal proposito è interessante un breve approfondimento.
Più di cento anni fa, infatti, ed esattamente nel 1840, Isaac Pitman grazie all’introduzione del Penny Post nel Regno Unito, istituisce in Gran Bretagna il primo corso di stenografia per corrispondenza, dove sia studenti che docenti comunicano in modalità bidirezionale attraverso i servizi postali, già abbastanza sviluppati tanto da permettere che il materiale didattico raggiunga gli utenti finali in tempi relativamente brevi anche su lunghe distanze.
In questa prima fase, assistiamo ad una formazione erogata da enti privati per un’utenza prevalentemente adulta ed appartenente alla middle class.
L’unica modalità di interazione docente/discente è inoltre rappresentata dalla sola correzione di test utilizzati per verificare le nozioni acquisite.
Col passare degli anni, però, questa nuova concezione di didattica, si evolve, comincia ad essere pensata come strumento di istruzione e formazione di carattere scolastico e professionale, con dei nuovi destinatari e cioè i giovani.
La diffusione della radio come principale mezzo di comunicazione di massa tra gli anni venti e trenta e, successivamente, negli anni quaranta della televisione, permettono di modificare ancora i modelli esistenti stabilendo oltre ad un primo approccio tecnologico, la possibilità di introdurre supporti audio visivi che semplificano la decodificazione dei contenuti formativi anche da parte delle fasce meno scolarizzate e promuovendo, inoltre, un rapporto tra insegnanti e destinatari, che diviene “one to many” e “few to many”.
La televisione italiana, in particolare, durante la fase di ricostruzione economica del secondo dopoguerra, si distingue per il notevole impegno pedagogico nell’affrontare l’alto tasso di analfabetismo.
Dagli anni Cinquanta in poi, infatti, si susseguono una serie di iniziative che fanno dell’Italia un esempio per il mondo.
Tra le tante ricordiamo la trasmissione “Telescuola” del 1958 grazie alla quale il Governo permette a numerosi giovani residenti in zone disagiate, di accedere a corsi di avviamento professionale;
ma anche il programma “Non è mai troppo tardi”, attraverso cui migliaia di individui in età adulta possono conseguire almeno la licenza elementare.
Bisognerà comunque attendere fino al 1972, per avere una prima ed ufficiale definizione di “formazione a distanza” ad opera dell’International Council for Correspondance Education, che si riferisce ad essa come “ciò che comprende tutte le azioni intraprese in ambito di formazione per corrispondenza”.
Questa interpretazione della FAD subisce un’ulteriore rivisitazione a partire dagli anni Ottanta quando, con l’avvento di elementi quali il personal computer ed internet assistiamo alla nascita della così detta terza generazione della formazione a distanza (online education), dove l’utente riconquista un ruolo attivo, da protagonista, nei processi di acquisizione della conoscenza e dove la stessa FAD si forgia di un ruolo a sé stante in ambito formativo.
Negli anni Novanta definiti come l’era del CBT (Computer Based Training), i corsi si arricchiscono di nuovi elementi audio e di immagini e video “custoditi” da floppy disk e successivamente da CD-ROM, conducendo alla seconda fase della FAD di terza generazione.
Inizia da questo momento, il cammino verso l’e-learning che, alla fine degli anni Novanta, grazie ad un potenziamento delle reti telematiche ed allo sviluppo digitale diventa in Italia lo strumento chiave per un sistema formativo integrato, con l’ambizione di conseguire il target di un apprendimento continuo che segue i mutamenti della società (lifelong learning).
Naturalmente il web è il protagonista indiscusso di questo tipo di apprendimento il quale conduce, non solo ad una fruizione dell’e-learning moderno semplice e veloce ma diviene, oggi, scenario indispensabile di una DaD in corsa, che supera le certezze raggiunte, per venire incontro alle esigenze formative messe a rischio dalla pandemia.
Esploreremo la prossima volta, a tal proposito, quali sono le caratteristiche e gli strumenti messi in campo a sostegno della didattica a distanza.
Articolo di Monia Strazzeri.
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