LA SCATOLA DEI NASTRI: i valori del passato per un futuro sostenibile.

di Roberto Quattrini
Tra gli aneddoti raccontati dal grande Luciano de Crescenzo (“I pensieri di Bellavista”, del 2005), ricordo con più affetto quello in cui parla della nonna che in una piccola scatola riponeva, pazientemente e con cura, tutti i fiocchi, nastrini e bottoni recuperati da regali e vecchi vestiti.
Una generazione dopo, anche mia nonna aveva la sua scatola, era di latta colore bianco opaco. Sul coperchio il disegno di un uomo col cilindro nero e una di quelle strane biciclette già antiche per quell’epoca. Anche questa, piena di mille colori, sempre pronti per ogni occasione.
Divise da qualche decennio, ma unite dalla saggezza pratica delle generazioni passate e dalla cultura del risparmio che si contrappone al consumismo sfrenato, le nostre nonne non avevano bisogno di obblighi di legge per capire che le risorse non sono infinite. Erano le prime “Circular Economy Manager”, una professione oggi emergente, ma che di fatto non è altro che la formalizzazione di sentimenti e principi del passato in una filosofia economica ben “strutturata”.
Erano gli anni ‘80, a scuola andavano di moda i temi sull’inquinamento. L’Earth Overshoot Day (data in cui il pianeta ha esaurito le risorse che può rigenerare in un anno) cadeva nel mese di ottobre. Un triste anniversario che, purtroppo, ogni anno anticipa di qualche giorno la sua scadenza, in una progressione continua e inesorabile. Si cominciava a parlare di riscaldamento globale e buco dell’ozono in un mondo che andava sempre più adottando un modello economico lineare, caratterizzato dalla cultura dell’“usa e getta” e che privilegia l’economicità alla qualità e alla sostenibilità.
Oggi, viviamo in una società che va a due velocità. Da una parte vengono faticosamente scritte leggi, direttive e protocolli per rispondere alle preoccupazioni globali sull’ambiente e sui diritti sociali, dall’altra, si diffonde sempre più velocemente la cultura del “fast & low cost”, che penetra il tessuto sociale, alla stregua di un virus, alterandone il DNA.
Definiamo strategie di sviluppo sostenibile fissando obiettivi sfidanti seppur a lungo termine (il Green Deal europeo prevede impatto climatico zero nel 2050); traguardi puntualmente disattesi e spesso mistificati (tanto che oggi è stato coniato il neologismo “greenwashing”) mentre dilaga la “fast fashion” che ha un impatto ecologico devastante.
Viene da chiedersi, allora se veramente abbiamo chiaro il problema nella sua complessità, se siamo consapevoli del debito ecologico che stiamo caricando sulle future generazioni.
Oggi la tecnologia ci viene in aiuto attraverso nuovi strumenti: smart grids per lo scambio efficiente dell’energia, fotovoltaico e altre fonti rinnovabili (sembra concreta la possibilità di sfruttare la più “ecologica” Fusione Nucleare), fino ad arrivare all’impiego dei più recenti (ed ecologicamente controversi) strumenti di AI. Le aziende vedono la nascita di nuove figure professionali come i Circular Economy Manager ed i Sustainability Manager, ruoli essenziali per affrontare con determinazione le sfide ambientali e sociali.
Ma non c’è tempo da perdere. La transizione energetica richiede una strategia chiara ed una responsabilità diffusa, che parta dalle famiglie e coinvolga scuole e aziende. Dobbiamo riscoprire i preziosi valori del passato mettendo le nostre risorse personali, il nostro ingegno e determinazione al servizio del bene comune.
Sun Tzu scrisse: “La strategia senza la tattica è la più lenta strada per raggiungere la vittoria. La tattica senza strategia è il rumore che precede la sconfitta”.
Nel 2024 l’Earth Overshoot Day è stato il 1° agosto.
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