La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni
Il discorso di Benjamin Constant
La Restaurazione dei Borboni in Francia presentò alcune caratteristiche che possono aver perso importanza per noi, pur essendo vivissime nella percezione dei contemporanei.
La fine dell’Impero di Napoleone segnò la restituzione della libertà di parola, per quanto limitata dalla censura, all’opinione pubblica. Una breve stagione di grande vivacità pubblicistica si aprì così all’indomani del Congresso di Vienna. Accanto a questa travolgente novità, era del resto chiaro che il cambiamento di regime avvenisse sostanzialmente nell’identità della classe dirigente. Nobili, funzionari e prefetti imperiali divenivano i nuovi deputati, ministri e magistrati della monarchia costituzionale.
L’intellettuale Benjamin Constant (1767-1830), estromesso dal Tribunato nel 1802 per le sue posizioni antinapoleoniche, potè quindi tornare a partecipare attivamente alla vita politica. In questo contesto egli pronunciò all’Athénée Royal, nel febbraio del 1819, una conferenza destinata a diventare il suo testo teorico più noto. La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni si inserisce in un lungo dibattito risalente al XVII secolo, sorto all’interno dell’Académie Française. Mettendo in discussione il principio di imitazione dei classici, il successo del discorso valse allo stesso Constant persino un seggio alla Camera dei deputati.
La libertà vista da due prospettive differenti
Di orientamento liberale tendente all’anglosassone, Constant delineò la distinzione tra la “Libertà degli Antichi” e la “Libertà dei Moderni” guardando all’Inghilterra come modello pratico di governo all’interno di una società moderna.
La “Libertà degli Antichi” era partecipatoria, basata sulla tradizione repubblicana. Questa dava ai cittadini il diritto di influenzare direttamente la politica tramite dibattiti e votazioni nelle pubbliche assemblee. Allo scopo di sostenere questo grado di partecipazione diretta, la cittadinanza era un obbligo morale che richiedeva un notevole impegno di tempo ed energia. Generalmente ciò richiedeva una sottoclasse di schiavi per assolvere a gran parte del lavoro produttivo, consentendo ai liberi cittadini di occuparsi degli affari pubblici. Questa forma di libertà era delimitata a società relativamente piccole ed omogenee, nelle quali la popolazione poteva radunarsi in un unico luogo per discutere.
Invece, la “Libertà dei Moderni” era basata sul godimento dei diritti civili, sul dominio della legge e sulla libertà dall’ingerenza dello Stato. La partecipazione diretta veniva così limitata. Ciò era una conseguenza necessaria all’interno degli stati moderni, nei quali non esisteva la schiavitù ma ognuno doveva guadagnarsi da vivere con il proprio lavoro. Per questo motivo, tutti quelli che avevano diritto al voto dovevano eleggere dei rappresentanti. Costoro avrebbero poi deliberato in un Parlamento, rappresentando il popolo e sollevando i cittadini dall’onere della politica.
Inoltre, Constant era convinto che nel mondo moderno, grazie al commercio, la guerra fosse superflua. Egli attaccò aspramente la sete di conquiste territoriali di Napoleone che considerava non degne di una moderna organizzazione sociale e commerciale. Era l’Antica Libertà ad essere guerrafondaia, mentre uno Stato organizzato sui principi della Libertà Moderna doveva saper convivere pacificamente con le altre nazioni.
Il contributo storico-politico del discorso
La Francia aveva cercato di riprodurre durante la Rivoluzione Francese le antiche forme di libertà. Per questo i rivoluzionari avevano basato le loro istituzioni, come il Consolato e il Tribunato, sul modello della Roma Repubblicana. Tuttavia, ciò aveva avuto come esito opposto il dominio personale di Napoleone. Constant era convinto che se la chimerica Libertà Antica fosse stata abbandonata in favore della Libertà Moderna, allora le conseguenze della Rivoluzione Francese sarebbero state diverse. L’Inghilterra, dai tempi della “Gloriosa Rivoluzione” del 1688, aveva dimostrato la praticabilità della Libertà Moderna con l’introduzione della monarchia costituzionale. Constant ne concluse che quest’ultima forma di governo fosse la più adatta anche per le istituzioni francesi. Questa sua visione contribuì alla definizione dell’Acte Additionnel del 1815, che trasformava il potere assolutista di Napoleone in una monarchia costituzionale.
Nonostante questo esperimento ebbe durata di soli cento giorni, terminando con la sconfitta definitiva di Napoleone, il lavoro di Constant fu particolarmente utile a riconciliare la monarchia con la libertà. In effetti, la Costituzione Francese del 1830 potrebbe essere considerata una traduzione in pratica delle idee di Constant: una monarchia ereditaria convivente con una Camera dei deputati eletta e una Camera dei Pari senatoriale, con il potere esecutivo attribuito a ministri responsabili.
Così, sebbene spesso ignorato in Francia a causa delle sue simpatie anglosassoni, Constant diede un contributo profondo, anche se indiretto, alla tradizione costituzionale francese.