Gli effetti dei recenti provvedimenti normativi concernenti l’emergenza epidemiologica Covid-19 nel settore della ristorazione
Un approfondimento degli Avv. Francesca Bassa e Avv. Benedetta Maria D’Alessandro, partner dello Studio bd Legal, sugli effetti dei recenti provvedimenti normativi concernenti l’emergenza epidemiologica Covid-19 nel settore della ristorazione
La quasi totalità delle imprese attive nel mondo della
ristorazione, del turismo e del tempo libero ha registrato ripercussioni
estremamente negative sulla propria attività durante il lockdown, con una forte
flessione della clientela e con il conseguente calo se non addirittura
azzeramento del fatturato.
Il settore della ristorazione in Italia conta
circa 1,2 milioni di lavoratori, con le misure che hanno portato al lockdown, con particolare
riferimento al DPCM del 10 Aprile 2020, 1,1 milioni di lavoratori sono stati
sospesi e solo 108.000 sono rimasti attivi.
Solo una minima parte dei ristoranti è, infatti, riuscita a ricorrere al
servizio a domicilio, mentre le altre hanno dovuto fermare l’attività in misura
totale.
È emerso che l’85,5% delle imprese che avrebbero potuto svolgere l’attività
limitatamente al solo servizio di consegna a domicilio (principalmente
ristoranti, pizzerie, pasticcerie) è rimasto completamente chiuso e solo il restante 14,5% ha cercato di
reinventarsi il lavoro, proprio mediante la consegna di cibo a domicilio (delivery).
Il successivo DPCM del 26 Aprile 2020, ha autorizzato una parte di lavoratori
del settore all’erogazione di servizi di asporto, tuttavia tale misura non è
risultata sufficiente ad arginare le perdite.
Da lunedì 18
maggio, con l’entrata in vigore del Dpcm firmato da Conte che
regola le riaperture della fase 2, il
settore della horeca sta finalmente riaprendo. Bar, ristoranti,
pizzerie, pasticcerie, hotel, e B&B potranno accogliere nuovamente i
clienti.
Nell’attuale situazione di persistente circolazione di SARS-CoV-2, l’intero
settore della ristorazione, secondo quanto riportato nello studio predisposto
da INAIL, deve essere considerato un contesto a rischio di aggregazione medio-alto.
E’, quindi, necessaria l’adozione delle misure di contenimento dell’epidemia
secondo i principi della gradualità e progressività in modo da permettere anche
la verifica della sostenibilità delle misure stesse.
A tal proposito, giova rilevare che il settore della ristorazione già
nell’ordinarietà deve rispettare obbligatoriamente sia specifiche norme di
igiene degli alimenti nonché procedure ad hoc (ad es. HACCP)
e, in presenza di lavoratori così come definiti dal D. Lgs. 81/08 e ss.mm.ii.,
le relative norme di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Se alcuni esercizi rientrano negli indirizzi operativi specifici per i singoli
settori di attività, ristorazione, commercio al dettaglio e strutture
ricettive, ci sono invece alcune attività per le quali potrebbe restare il
dubbio, ad esempio come
regolarizzare le visite nelle cantine vitivinicole?
Alcune cantine, la cui tenuta possiede anche un interesse culturale
ed artistico, potrebbero risolvere la questione inquadrando la visita come
attività museale, per la quale, tuttavia, sono previste linee guida ad hoc.
Negli altri casi invece, potrebbe forse essere più semplice far rientrare la
visita come attività di vendita al dettaglio. Ad ogni modo, sarà opportuno
effettuare valutazioni sulla base dell’attività effettivamente svolta
dell’azienda (agricola/industriale), nonché relativamente al codice ATECO.
Al link https://www.bd-legal.it/riapertura-horeca-dubbi-incertezze/ vengono riportate più dettagliatamente le indicazioni del Governo e della Conferenza Unita delle Regioni e delle Province Autonome, che si applicano per ogni tipo di esercizio di somministrazione di pasti e bevande